L'orologio dell'apocalisse: sempre più vicini alla mezzanotte

L’orologio dell’apocalisse: sempre più vicini alla mezzanotte


La Corea del Nord, il Presidente Trump e l’inesorabile avanzare delle lancette sul Doomsday Clock

L’Orologio dell’Apocalisse, o Doomsday Clock, del quale ci siamo già occupati in un precedente articolo, fu ideato nel 1947 dagli scienziati del Bulletin of the Atomic Scientists dell’Università di Chicago – la rivista fondata nel 1945 dagli studiosi che parteciparono al Progetto Manhattan – per simboleggiare l’urgenza della problematica nucleare.

La posizione delle  sue lancette, in pratica, indica il breve intervallo di tempo che ci separa dalla mezzanotte… ora che rappresenterebbe la fine del mondo causata dagli effetti di una guerra atomica su scala mondiale.
Al momento della sua ideazione, in piena guerra fredda, l’orologio venne impostato sette minuti alla mezzanotte, poi durante questi decenni le lancette si sono mosse avanti o indietro, per ben 20 volte, a seconda delle scelte politiche mondiali e del relativo pericolo nucleare, toccando il valore minimo – solo 2 minuti alla mezzanotte –  nel 1953, anno in cui l’Unione Sovietica effettuò il test della sua prima bomba all’idrogeno.

Il 26 gennaio, il Bollettino degli Atomic Scientists, ha aggiornato lo stato del suo Doomsday Clock spostando le lancette a soli 2 minuti e 30 secondi a mezzanotte, la frazione di tempo più vicina a mezzanotte negli ultimi 60 anni.

Lawrence M. Krauss, fisico teorico, già presidente del consiglio dei garanti del Bulletin of the Atomic Scientists dal 2007, ha affermato, in un recente articolo apparso sul Los Angeles Times, che i due fattori che hanno fatto assumere la decisione di spostare in avanti le lancette sono stati gli evidenti sviluppi nella Corea del Nord e le parole “frivole e pericolose” che il nuovo presidente americano ha utilizzato in relazione al possibile impiego delle armi nucleari e circa la conseguente guerra nucleare.

Molti osservatori si sono chiesti se gli eventi delle ultime settimane possano portare a pensare che ci si trovi ancora più vicini all’Armageddon rispetto a quanto previsto dal bollettino  emesso solo sette mesi fa. L’organizzazione del Bulletin of the Atomic Scientists, di norma aggiorna lo stato dell‘orologio annualmente e tutto fa pensare che al prossimo aggiornamento previsto per novembre le lancette possano spostarsi ulteriormente in prossimità delle fatidiche “12”. L’ultima serie di missili balistici intercontinentali messi in campo dalla Corea del Nord sembra avere la capacità di raggiungere gli Stati Uniti ed il Washington Post ha recentemente riferito che l’intelligence americana crede che Pyongyang sia riuscita a miniaturizzare le sue testate nucleari tanto da poter essere installate nella testa di guerra di tali ICBM.

In realtà alcuni aspetti fanno pensare che la Corea del Nord sia ancora piuttosto lontana dal possedere una vera e concreta capacità strategica nucleare, è infatti probabile che gli ingegneri missilistici del regime non abbiano ancora risolto la sfida tecnica rappresentata dalla gestione della massiccia quantità di calore generata durante il rientro nell’atmosfera terrestre della testata. Tuttavia, la competenza dei tecnici di Kim Jong Un sugli ICBM e sulle armi nucleari è cresciuta molto e molto velocemente, più di quanto molti esperti avevano predetto anche solo un anno fa.

In risposta a questi sviluppi, le dichiarazioni di Donald Trump in cui prospettava una risposta americana a base di “fuoco e furia” (“fire and fury”), stante la delicata situazione di tensione estrema, sono risultate quanto meno fuori luogo, tanto che il Segretario di Stato Rex Tillerson si è sbrigato a stemperare la tensione affermando che i commenti estremisti di Trump erano principalmente retorici.

Il fatto che Tillerson e il Dipartimento di Stato sembrino frenare le prospettate soluzioni militari di Trump non deve essere inteso come una perdita di leadership, piuttosto come una ragionevole considerazione del fatto che per fare un passo indietro dal baratro, entrambe le parti in causa debbano ricordare che la guerra nucleare è impossibile da vincere.

Ogni confronto militare diretto tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti porterebbe a conseguenze devastanti e la probabilità che un conflitto convenzionale possa degenerare in una guerra nucleare pare sia abbastanza elevata.Milioni di persone potrebbero morire solo nelle due Coree. Gli effetti fisici – dice Lawrence M. Krauss – sarebbero globali (una guerra nucleare su scala “limitata”, usando 50-100 armi, potrebbe influenzare il clima e, a sua volta, l’agricoltura in tutto il mondo, con la conseguenza di causare – forse – un miliardo di morti in un decennio) e le conseguenze politiche, economiche e sociali in tutto il mondo sarebbero altrettanto catastrofiche.

Iniziative diplomatiche efficaci richiederebbero probabilmente conversazioni dirette tra i due leader, sulla stregua del tipo di dialogo condotto dal presidente Reagan e dal leader sovietico Mikhail Gorbachev. Gli Stati Uniti potrebbero, quanto meno, cercare di instaurare una politica di “no first use”, che anziché minacciare un attacco preventivo, potrebbe aiutare a spostare indietro di qualche “minuto” le lancette dell’Orologio dell’apocalisse.

Alcune settimane fa ricorreva il 72 ° anniversario del primo utilizzo di un’arma nucleare contro una popolazione civile, a Hiroshima ed a Nagasaki, in Giappone. Prima che il presidente Truman lanciasse la seconda bomba ha avvertito i giapponesi di aspettarsi “una pioggia di rovina… come non si era mai visto su questa terra”, linguaggio notevolmente simile a quello utilizzato recentemente da Trump. Ma Truman sapeva che da parte del Giappone non ci sarebbe stata una ritorsione; poteva contare su di un vantaggio che Trump oggi non ha più: un monopolio sulle armi atomiche.

Il Bulletin of the Atomic Scientists e il Doomsday Clock sono stati istituiti dagli stessi fisici che lavorarono su quelle prime bombe, resisi conto della potenza distruttiva che avevano contribuito a realizzare; i loro successori – poi – hanno continuato il compito di avvertire il mondo dei pericoli di una possibile guerra nucleare. Tuttavia il compito dell’orologio è semplicemente quello di valutare e trasmette il livello di concretezza della minaccia, ma – ovviamente – non può renderci sicuri. Dopo Hiroshima e Nagasaki, Albert Einstein affermò: “Tutto è cambiato, salvo il nostro modo di pensare”. Dobbiamo pressare i nostri leader politici ad adeguare il loro pensiero e le loro azioni alle realtà orribili che deriverebbero dall’impiego dalle armi nucleari, nella speranza da tutti condivisa che su quell’orologio non scocchi mai la mezzanotte.

 

 

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